venerdì 29 maggio 2015

Troppo semplice.



All’inizio furono i semi. Davano fastidio quando mangiavamo la frutta.
Poi fu il masticare a lungo. E poi il masticare del tutto.
Anche deglutire, dopo un po’, risultò scomodo. Così usammo le flebo.
Ma pure mettere l’ago, però, era una seccatura stratosferica. Infatti durò pochissimo perché provvidenzialmente vennero le inalazioni.
Grossi respiri, comodamente seduti, immobili, dato che fortunatamente facevano tutto le macchine e le app autosufficienti. Riuscimmo ad evitare anche i comandi vocali.
A quel punto, per la verità, dato che le energie spese erano ridotte al minimo, le sostanze nutritive che servivano erano pochissime.
Il sesso e le relazioni umane già da tempo erano diventate dapprima virtuali (ma poi anche cliccare su “mi piace” costava fatica) in seguito divennero praticamente simboliche ed infine inesistenti. Semplicemente perfette e la perfetta semplicità.
L’ultimo a sparire fu il pensiero. Via via tornò in breve allo stato primordiale con associazioni causa effetto elementari. Sete/acqua, diverso/paura, non io/nemico, niente/rassicurazione-tranquillità-quiete.
Quelli che vennero dopo, millenni dopo, non si sa da dove, dedussero che l’Umanità si era estinta a causa di un meteorite, che in effetti era caduto, però circa duecento anni dopo la fine vera. Ma quelli che vennero dopo non potevano immaginarlo. Un po’ perché gli indizi erano andati perduti e un po’ perché ragionavano ancora in maniera troppo complicata. Erano ancora troppo poco avanzati. Per il momento. Poverini.

Cuore grande



I medici dell’ospedale avevano già rivelato il finale del film. Era ormai solo questione di tempo.

Il monitor collegato al cuore pulsava regolarmente con un “bip” costante e ritmato.
Il muscolo cardiaco stava cercando di compensare la carenza di tutti gli altri organi che via via perdevano colpi, uno dopo l’altro, abbandonando la pista come le coppie stanche in una maratona di ballo.

Ogni funzione, in ordine progressivo e casuale, cessò e tutti i sistemi inevitabilmente “sballarono”.

Tutti tranne il cuore.

I dottori non riuscivano a spiegarsi quel fenomeno scientificamente impossibile, ed allibiti guardavano il monitor che pervicace ed incessante ripeteva il suo “bip” pur se ormai tutto ciò che concorreva alla vita si fosse tecnicamente, irrimediabilmente, inequivocabilmente spento.

Ormai le analisi, ripetute all’infinito, davano sempre gli stessi risultati che confermavano lo stato di morte del corpo con la sola sconcertante, del tutto innaturale, eccezione del cuore.

Era come se il cuore di lei, così grande in vita, anche adesso non volesse arrendersi e non ne volesse sapere di smettere di lavorare.

Il chirurgo incise lo sterno e poi col divaricatore allargò il taglio. Il cuore era molto più grande del normale e batteva costantemente, allo stesso ritmo di sempre.

La sorpresa fu enorme quando il cuore prese ad aumentare di dimensioni e lo sgomento divenne incalcolabile quando, continuando a crescere, esso uscì dall’apertura nel petto.

Continuò a crescere inglobando il corpo esanime di lei e si estese a tal punto da riempire la stanza includendo tutto ciò che in essa era contenuto.
E poi fu la volta dell’edificio, quindi della città, poi della regione e così via passando per l’intero Paese, continente, emisfero fino ad inglobare tutto il mondo.

Era un cuore grande, caldo, avvolgente. E soffocante. Era un cuore di madre.

martedì 7 aprile 2015

L'ultimo atto di Dio.



Se c’è mai stato nella storia dell’Universo un essere discreto quello è Dio. 
All’apparenza potrebbe sembrare uno (e trino) a cui piace apparire ma in realtà, da quanto dicono, l’ha fatto pochissime volte e comunque mai di persona ma sempre sotto forma di altro: albero in fiamme, colomba, raggio di sole, varie ed eventuali. Chiedete alla signora Maria di Nazareth.
Non una parola sul suo passato, su cosa abbia fatto prima di creare il Tutto, quali fossero i suoi sogni nel cassetto (forse la Pace nel mondo, ma prima, ovviamente, “il mondo”), mai nessun pettegolezzo che potesse far dubitare che Lui (o Lei… anche su questo massimo riserbo) non fosse un’entità dai trascorsi più che irreprensibili. Insomma, noi sappiamo solo che ad un certo punto della Sua esistenza ha deciso di dividere le Tenebre dalla Luce, separare la Terra dalle Acque e tutto il resto, e chi crede nella Bibbia asserisce che il Libro dei Libri sia stato scritto su ispirazione diretta di Dio pertanto è Lui che ha deciso di farci sapere delle cose su di Sé.
Perché?
Forse la risposta è in questo brano riportato da un testo rinvenuto in Africa, probabilmente il luogo da cui l’avventura umana ebbe inizio, vergato su pelle di capra ancora indosso all’ovino medesimo e dato il movimento della bestiola, che benché piuttosto anziana era ancora arzilla, per i ricercatori non è stato agevole leggere quanto segue.  

“E dunque?”, disse Dio al Serpente.
“Niente”, rispose il rettile, “Non c’è verso, non se ne vogliono andare”.
“Ma da chi avranno preso, dico io!.. Io li ho fatti a mia immagine e somiglianza: sono curioso, creativo, vitale, attivo… Invece quei due son lì tutto il giorno a non fare una beata ceppa.
Che lui sia un pirla non c’è dubbio, ma poi ho creato anche lei che mi pareva un po’ più sveglia, invece niente… Li ho fatti anche complementari in modo da accendere in loro un po’ di curiosità… Macché. Lui si trastulla tutto il tempo con l’appendice che ha davanti, senza neanche chiedersi come mai lei non ce l’abbia, è soddisfatto così, e lei dal canto suo, mette a posto. Sistema. Ma che avrà da mettere in ordine, che mi sono dannato per inventare il Caos. Il disequilibrio è movimento, è stimolo, è vita. No, lei mette a posto. Mah…
Gli ho detto: ‘quello è l’Albero della Conoscenza: prendete i suoi frutti. Fidatevi’. E loro niente. Ma che c’è di più bello della Conoscenza, dico io! Niente! Lo saprò, no, io che sono l’Onniscente?!”
Il Serpente, spaventato e dispiaciuto al tempo stesso, tacque.
Innumerevoli volte si fece giorno e si fece notte, ma nulla accadde fino a quando il Serpente si presentò al cospetto di Dio e disse:
“Signore! Signore! Ce l’ho fatta! Stanno per mordere il frutto!”
“No! Non ci credo… “ replicò allibito l’Altissimo “E com’è stato possibile?”
“Gli ho detto che era proibito!” rivelò con entusiasmo l’amato rettile.
“Genio!”
Non appena ebbero dato il primo morso, Dio apparve ad Adamo ed Eva e disse loro: “Finalmente, figli miei! Ce ne avete messo di tempo! Pensavo non l’avreste fatto più… Davvero per un attimo ho creduto che sul serio non aveste sete di Sapere, voglia di introiettare esperienze… insomma, che mi sareste rimasti qui tra le scatole, bamboccioni per l’eternità.
Certo non potevo obbligarvi, ma alla fine, usando il vostro libero arbitrio, vi siete decisi. Bravi, figli miei!
Volevo condividere con qualcuno la cosa più bella che ho, ma sarebbe stato possibile solo nel modo in cui io stesso l’ho acquisita, cioè imparando, ed ovviamente non avrebbe avuto senso se il Sapere ve lo avessi infuso. Sì, come un'eco avreste saputo ripetere ma non avreste goduto del piacere intimo dell’apprendimento. Senza contare l’aggiunta di quell’unicum che è l’individualità, quel qualcosa diverso per ognuno dovuto alla costruzione del Tempo e dell’Esperienza.
Insomma per condividere mi serviva un impianto “vero” e così in un attimo (va be’, sei giorni, ma meno di così sfido chiunque!) ho creato Tutto. Poi ho creato voi ma a quel punto dovevate aver voglia spontaneamente di fare il salto e da soli vincere la tentazione di restare in un limbo dorato com’è l’Eden. Cercare un’alternativa ad un luogo brutto sarebbe stato facile ma andar via da qui? Bisognava avere la scintilla, che poi si tramutasse in fuoco… mica facile lo so.
Adesso avrete il premio più grande: liberarvi da tutto questo per vivere. Non sapete quanto è immenso l’universo e quante cose ci sono da imparare. Io qui smonto tutto e vado a fare altro.”
“Ma… dobbiamo proprio?”, pensarono Adamo e Eva, però non ebbero il coraggio di dirlo.
E fu così che Dio nella sua infinita saggezza premiò Adamo ed Eva mandandoli sulla Terra e liberandoli per sempre dal limbo dorato dell’Eden, da quella non-vita dove nulla mai accadeva e dove nulla mai mutava, ritirandosi poi per sempre a vita privata, felice di avere finalmente condiviso con qualcuno la cosa più immensa che possedeva.

E quello fu l’ultimo atto di Dio. Si ritirò per sempre o andò fare qualcosa che non ci è dato sapere ma comunque ci lasciò con il più bel regalo che qualcuno possa fare ad una sua creatura.

Il resto è fiction.

domenica 22 marzo 2015

Satira sostenibile.



Prendendo spunto dalla frase della Presidente della Camera, Laura Boldrini, che più o meno parlava di una satira “sostenibile” mi viene in mente quanto segue.
Punto primo: io posso dire e fare quello che voglio e tu non mi devi ammazzare. Per quanto sia grande l’offesa tu non mi devi e non mi puoi ammazzare.
Se c’è una religione che prevede l’uccisione di qualcuno, sbaglia la religione, non sbaglio io a fare alcunché.
Se invece la religione non prevede nessun omicidio ma è una malata interpretazione del fanatico di turno, allora ancora meglio posso e devo dire quel che voglio senza pensare di essere io in torto.
Secondo punto: se io offendo, quindi non posso neanche appigliarmi al diritto di satira (questione molto sfumata sui limiti del campo in questione), esistono leggi apposite delle quali avvalersi nelle sedi opportune.
Ma se ci sono appunto dei fanatici che interpretano male un dettame, non è forse il caso di essere prudenti e non offendere? No.
Offendere è senza dubbio sbagliato quindi forse è opportuno evitare e cercare di passare meglio possibile questo tempo su questo pianeta senza rompere, ma cosa si intende per “offesa”? Se chi critica attraverso la satira lo fa male perché non usa invenzioni comico/letterarie sorprendenti; non denuncia efficacemente la “magagna” o la contraddizione o l’ingerenza del soggetto preso di mira, facendo ridere e/o sorridere, pertanto sconfina nell’offesa vera e propria, poi ne risponderà per legge. E la legge stabilirà se ha torto o ragione. Punto.
Inoltre c’è da stabilire dov’è il confine dell’offesa, ma in una società civile e complessa, ci vogliono tempo, strumenti e professionalità che son lì apposta.
Tornando al punto del fanatico che ammazza, qui sta l’obiettivo: eliminare la causa di tale comportamento, ossia l’ignoranza. E l’ignoranza si combatte con la cultura, l’ironia (raffinato gioco per cui si dice una cosa per dire il contrario), il senso dell’umorismo (altro strumento che fa la differenza) e la Conoscenza.
Per concludere: non esiste la satira sostenibile. Io dico il cacchio che mi pare e poi ne rispondo e se c’è qualcuno che ammazza, io devo lavorare a lungo termine, proprio grazie alla conquistata libertà in mezzo mondo di dire quel cacchio che mi pare, acciocché quella condizione malsana venga eliminata. Per ciò che mi riguarda io vedo una delle origini della disfunzione proprio nelle religioni, in qualsiasi tipo di credenze fideistiche o idolatre e nelle superstizioni. Proprio in quest’ottica, mi sento di difendere il satirico che dice il cacchio che vuole e niente e nessuno ha diritto di ammazzarlo. 

martedì 9 settembre 2014

Keep calm…




Dunque, c’è uno che chiamano “John” il quale è protagonista di un paio di video in cui decapita occidentali. Uno alla volta, con un coltello, sfidando Obama.

Anzitutto uccidere con un coltello una persona alla volta mettendosi contro un presidente americano, capace di ammazzarne migliaia alla volta con aerei senza manco bisogno di piloti, è una partita persa in partenza.

Il punto però è che quest’azione viene rimbalzata dai mezzi di comunicazione e l’effetto che si ottiene è il seguente:

John commette un’azione crudele uccidendo un’innocente.

John è un islamico, non importa se integralista o pazzo, è un islamico, punto.

Gli islamici sono tutti arabi quindi tutti gli arabi sono John, perché ci raccontiamo che loro la pensano tutti così, quindi senza se e senza ma, gli arabi sono tutti cattivi e vanno se non sterminati, perlomeno fermati, isolati, corretti, insomma bisogna fare qualcosa.

Quel qualcosa è la guerra e ovviamente noi cristiani, occidentali, civili, bianchi, mettetela come vi pare, siamo i buoni perché in caso ammazzassimo migliaia di civili 
A: sono i cattivissimi che li usano come scudi umani.
B: – soprattutto – tra quelli non ci sono civili così veramente “civili”, dato che sono arabi e con quella cultura ci crescono.

Ecco, questo è quanto. Premesso che per me chi è religioso già sbaglia in partenza, quello che voglio dire è che di fronte a stimoli emozionali come quello di Repubblica o Corriere che mascherano da notizia la morbosa esibizione di un delitto, bisogna fare un respiro lungo, cercare di vincere l’istinto primordiale del “noi contro di loro” e difendersi mettendo un freno alla rassicurante convinzione che “quelli” siano tutti uguali e carne da macello. Altrimenti anche io sono autorizzato a pensare che gli ignoranti superficiali sono tutti uguali e andrebbero tutti eliminati.